La scuola ai tempi del virus
L’emergenza sanitaria non blocca l’azione educativa e socializzante della scuola italiana. Le testimonianze degli studenti dell’I.I.S. “Marconi”
La nostra scuola non ha inventato niente, né noi ci sentiamo dei pionieri, semplicemente abbiamo cercato di porre rimedio, insieme ai nostri insegnanti, e come tutte le scuole del nostro paese, ad una situazione che forse, per la prima volta nella vita, ci pone davanti, concretamente, al senso della tragedia. Ci chiamano i millenials, generazione tecnologica, e di questa tecnologia, prima, ci sembrava di sapere già tutto. Talvolta qualcuno ne ha approfittato, ma mai nessuno di noi avrebbe pensato di fronteggiare il “mostro”, tanto piccolo da essere invisibile, tanto potente da mettere le potenze della terra in ginocchio, con il clic del nostro mouse, con il saluto un po' gracchiante che, attraverso il microfono, scambiamo quotidianamente con i professori.
La chiamano “didattica a distanza”. È una didattica d’emergenza; magari, per noi classi notebook, neppure tanto stravolgente… Ma adesso, confinati in casa, queste voci vive, seppure un po' distorte, questi esercizi spediti, corretti senza una lavagna, ma con l’aiuto delle piattaforme digitali, sono davvero il modo per “fare scuola”. Se scuola è, prima di tutto, formazione umana e civica, oltre che culturale, allora questa è la nostra risposta al morbo, o, se preferite, al “male”. Oggi il nostro banco è un angolo qualunque della nostra stanza o della nostra casa, ci manca il contatto “vero” con i nostri coetanei ed anche, - chi lo avrebbe mai detto? - con chi ci assegnava compiti e valutazioni. Ci manca, ora lo capiamo, quella “libertà” che è proprio figlia dell’andare a scuola. Compiti e valutazioni continuano a scandire le nostre giornate da studenti, ma oggi diamo a quello che facciamo un valore diverso. E così i teoremi, i bilanci da redigere, Renzo che vaga per una Milano appestata, l’allegra brigata di giovani che fugge da Firenze per evitare il contagio, le pagine di storia, gli esercizi di informatica, di inglese... tutto sembra ritrovare il suo senso nei dialoghi del dottor Rieux e del père Paneloux che, nella Oran devastata dalla paura e dalla peste, Camus pone come esempi di dovere e dignità umane, un po' come gli eroi anonimi che oggi, in corsia, cercano di portare sollievo, conforto e guarigione ai malati di Covid 19.
I problemi sono molti, non nascondiamoci, e per alcune materie, tipo la matematica, la spiegazione attraverso un contatto “digitale” sembra quasi impensabile. Ma è arrivato il momento di entrare nell’ottica di idee, per chi non lo avesse ancora fatto, che il nostro compito, seppur importante, è minimo e infinitamente più semplice rispetto a chi questa guerra la sta combattendo con il camice bianco in prima linea, giorno dopo giorno.
La scuola non va avanti a una sola velocità, per questo passare dalla lavagna e il gesso all’e-learning in un colpo non è automatico. In questo periodo così difficile, gli insegnanti si stanno reinventando, con tecnologie che spesso non conoscevano e nuovi approcci didattici. Non è facile mantenere l’attenzione degli studenti, soli nelle loro camerette, attraverso un monitor, ma ci provano perché non tutto vada perduto.
Sarà dura rialzarsi e sicuramente le difficoltà sembreranno insormontabili: ma c’è stato di peggio. E pensando a ciò ci rialzeremo, guarderemo questi mesi appena trascorsi e capiremo quanto siamo stati fortunati a scrivere queste poche righe su una sedia e con un computer tra le mani e pronti, ancora una volta, a riprendere le nostre consuetudini giornaliere ma, forse, con una consapevolezza ancora più forte che ci contraddistinguerà.
E allora si, continuiamo ad andare a scuola, anche se le nostre aule sono vuote. Domani abbiamo videolezione, domani faremo esercizi e ci prepareremo per l’Esame di Stato. Domani, nei giorni a venire, nel futuro, la scuola ci aiuterà, sempre, ad essere vivi.
Juan Manuel COGGIOLA e Luigi GRILLO
5^AR Amministrazione, Finanza e Marketing